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“Marzo” 

– Salvatore Di Giacomo –

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Marzo: nu poco chiove
e nato ppoco stracqua
torna a chiovere, schiove,
ride ‘o sole cu ll’acqua.

Mo nu cielo celeste,
mo n’aria cupa e nera,
mo d’’o vierno ‘e tempesta,
mo n’aria ‘e Primmavera.

N’auciello freddigliuso
aspetta ch’esce ‘o sole,
ncopp’’o tturreno nfuso
suspireno ‘e vviole.

Catarì!…Che vuo’ cchiù?
Ntiénneme, core mio!
Marzo, tu ‘o ssaie, si’ tu,
e st’auciello songo io.

(Segue versione in italiano)

“Marzo: un po’ piove / e dopo un po’ cessa di piovere: / torna a piovere, spiove, / ride il sole con l’acqua. / Ora un cielo celeste, / ora un’aria cupa e nera: / ora le tempeste dell’inverno, / ora un’aria di primavera. / Un uccello freddoloso / attende che esca il sole: / sopra il terreno bagnato / sospirano le viole… / Caterina!…Che vuoi di più? / Cerca di capirmi, cuore mio! / Marzo, lo sai, sei tu, / e quest’uccello sono io”.

(Traduzione di P.P.Pasolini)

 

Nelle prime due strofe l’attenzione dell’autore è tutta rivolta ai mutamenti repentini del tempo atmosferico durante il mese volubile di marzo. I rapidi passaggi dal bello al brutto, dall’azzurro al nero corrispondono, in realtà, agli stati d’animo del poeta, il quale si sente trasportato e scosso da sentimenti opposti che si alternano troppo velocemente. Nella terza strofa il testo s’incentra sulla figura infreddolita e vulnerabile di un tenero uccellino, che, mentre la pioggia insiste inclemente, non può far altro che attendere pazientemente il ritorno del sereno e del sole.
La quarta strofa svela il significato centrale della poesia, quello che sta molto a cuore al poeta. Di Giacomo si rivolge, quindi, direttamente e d’un tratto all’amata Caterina, chiedendole: “Caterina che vuoi più? “ (cioè, che altro ancora dovrei dirti per farti capire il mio pensiero, la mia situazione interiore?). E ancora, dolce e accorato: Intendimi, “cuore mio”! Marzo sei tu, lo sai! E questo uccello (il poverino!) sono io!